UNA FULL IMMERSION NELL’IMMEDIATO DOPO-GUERRA. Voto: 3,5 su 5.
Autore: Viola Ardone. Editore: Einaudi. Anno: 2019. Pagine: 200. Genere: Narrativa, Romanzi, Saggi
“Si sta bene nel vagone, il treno procede silenzioso, non fa né caldo né freddo, le voci intorno mi cullano in un lieve brusio. C’è molto tempo davanti a me, ma non ho fretta, il viaggio più lungo l’ho già fatto: ho dovuto percorrere a ritroso tutta la strada fino a te, mamma.”
Da un po’ volevo leggere questa autrice, anche per cambiare genere 🙂 Mi è piaciuto leggere una storia d’altri tempi (dopo guerra), con cadenza, modi di dire e ritmi d’altri tempi, segno che l’autrice ha attinto a piene mani da parentele che quelle esperienze le hanno vissute in prima persona.
La storia è incentrata su una pagina a me sconosciuta, quella dei treni di bambini del sud Italia “spediti” al nord per vivere per qualche mese una vita migliore. Temporaneamente affidati a famiglie, i bambini scoprono mondi completamente sconosciuti, fatti sì di benessere, ma anche di affetto, di abbracci, di feste, di possibilità di imparare cose nuove, e per molti di loro, tra cui il protagonista, diventa una fase che li dividerà a metà, o peggio.
E nella narrativa di Ardone ti lasci ammaliare e trasportare, annusando gli odori che annusa il piccolo Amerigo, vivendo le sue paure di bambino, e le cocenti delusioni che mai potrà dimenticare, checché se ne possa dire e pensare, nonostante (o forse proprio per) tutte le cose belle e inaspettate che gli capitano al nord.
Un libro davvero bello finché la storia non si interrompe all’improvviso con la fuga dalla casa materna del protagonista, cui era dovuto tornare una volta concluso l’affido, per riprendere subito dopo con lo stesso Amerigo che ritorna nella stessa casa, a Napoli, dopo 50 anni, in occasione della morte della madre.
È l’occasione per Amerigo di riconciliarsi con il suo passato doloroso e difficile, di fare scoperte inaspettate, di capire quel che aveva sempre (volutamente?) ignorato a causa della giovane età, ma queste pagine si sono rivelate deludenti: lente e prolisse nell’introspezione.
Un salto temporale, di stile e di maniere, cui è stato molto faticoso adeguarsi, che secondo me ha rovinato la magia del romanzo. Onestamente non so come Ardone avrebbe potuto sviluppare questa parte della storia, per arrivare al punto di tutta la narrazione, ma con le sue scelte non è stata alla (grande) altezza delle pagine precedenti. Peccato!
La storia ha il lieto fine grazie a un regalo inaspettato lasciato ad Amerigo dalla madre in punto di morte, lo stesso identico motivo, ma completamente all’opposto, per il quale da adolescente ne era improvvisamente fuggito!
“Il treno dei bambini, di Viola Ardone“: tutte le RECENSIONI
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