
Viaggiare Irlanda. Le vie del Kerry (parte prima)
La Contea di Kerry è tra le più spettacolari dell’Irlanda: da non perdere!
Inizio a scrivere questo pezzo sul bus per Killarney, nome che dovrò ripetere sempre più storpiato finché la sua versione finale (la prima metà da interrompere su una aspirazione alla toscana, e il finale con una enne appena udibile seguita da una lunghissima iiiii…) non risulterà comprensibile ai tutti coloro che interpellerò nella Contea di Kerry
Pioveva a dirotto sotto un cielo livido alla mia partenza da Galway, quel “tipico” e immaginario tempo irlandese che non avevo ancora avuto modo di incontrare nei precedenti soleggiati, e persino caldi giorni, di maggio, e piove ancora mentre il bus percorre tutta la parte più interna della Contea di Clare, quella più a oriente del Burren. Dopo Clarinbridge (famosa per le ostriche) e Kinvara (che ospita il castello di Danquaire), è tutta la campagna fino a Ennis. Poco prima di Limerick, sosto per vedere il castello di Bunratty, giudicato molto bello dai più, giudizio forse alterato dal fatto che vi si trova un ristorante in cui si mangia medieval style (a mani nude!), si ascolta l’arpa dal vivo, si guardano giocolieri e buffoni di corte e naturalmente si beve tanto. Più carina l’annessa ricostruzione di un villaggio tipico irlandese del 700…
Ad Adare, tappa successiva con vasca – è il caso di usare questo termine, perché il diluvio continua inarrestabile, e il mio maglione da montagna assume sempre più l’odore di cane bagnato – trovo la tipicità dell’architettura irlandese, che nella tappa precedente ho visto solo artificiosamente ricostruita, lungo uno splendido viale.
Adare è una sorta di Alberobello locale, meta delle coppie irlandesi in luna di miele, perlomeno quelle “fighette” come diciamo in Romagna. Adare è anche sede di 18 buche che ospitano ogni anno l’Irish Open (una Wimbledon del golf), il cui green offre scorci spettacolari dalla strada, che percorro per raggiungere le rovine del convento francescano dell’800, davvero belle immerse come sono in un paesaggio di ruscelli, stagni e brume che più irlandese non si può.

Lasciata Adare, noto meglio un cambiamento nel paesaggio: gli onnipresenti muretti divisori tra le proprietà e le strade sono rimpiazzati da steccati, alberi, fossati e cespugli, tutti tirati a lucido come se il giardiniere fosse appena passato: uno spettacolo! Ultimo cambio di autobus a Limerick, che incarna quel che nell’immaginario è la civiltà industriale inglese: case costruite in file interminabili, alte e strette, una attaccata all’altra; muri ovunque grigio/neri di smog e residui di carbone; un fiume nero come pece… L’unico avvenimento che salva la mia tappa è una coloratissima manifestazione gastronomica nel quay pedonale, che coinvolge sia i ristoratori stellati che i genuini take away locali.
Arrivo a Killarney che le luci del – lungo – giorno stanno cominciando a scemare. Se Galway è una Rimini irlandese, Killarney è un po’ la Riccione o – ancora meglio – la Milano Marittima del luogo. E nonostante il weekend sia ormai agli sgoccioli, tutti gli alloggi economici mostrano il cartello No-Vacancy. Evidentemente, gli indigeni sono abituati a riprendere la strada di casa solo il lunedì, per recarsi direttamente sul posto di lavoro, ma per me la faccenda diventa un problema che risolvo solo dopo avere battuto a vuoto gran parte del paese e solo grazie alla squisita gentilezza di una gestrice di ostello che mi prende sotto la sua ala e mi scodella su un piatto d’argento una sistemazione appena fuori città, taxi compreso.

La sistemazione è davvero bella, soprattutto nella sua ampia sala pranzo comune, sicuro disponibile per cerimonie a vedere la annessa cucina professionale. Ogni parete è tinteggiata di un colore diverso, il pavimento è di legno, le tovaglie sono colorate e ravvivano le pareti foto di bambini irlandesi di altri tempi e di animali. Il salotto comune ha il bovindo caratteristico. Bello il giardino che risalta l’architettura originale della costruzione, uno chateau in piccolo. Chiudo la giornata con un piatto di pasta offerto da un gruppone di giovanotti di Frosinone.
Al mattino mi sveglio coi suoni della natura: non per niente siamo nel bel mezzo di un parco nazionale! Fatta colazione, una pioggerellina assai coreografica, non fastidiosa, ma molto bagnata (inzuppa!) accompagna i miei passi fino al paese. Quella e gli odori pieni di foresta, buoni odori e non i soliti – di terra, di muschio, di decomposizione – che si respirano in simili contesti.
E la campagna, ah… mi mancavano questi paesaggi! Arrivo in paese prima del bus che avevo deciso di non aspettare, ed è subito confermata la prima impressione: Killarney è un paese molto up class, con gioiellerie, macchine di lusso, pellicce, vecchi (o anche giovani) danarosi accompagnati da top model, anche se a queste latitudini l’eleganza – molto british – lascia davvero a desiderare. E chi non può, si fa notare: auto truccate con interni di pelouches e stereo a manetta.
Per oggi decido di fare il turista-valigia e salgo su un torpedone che fa tutto il Ring of Kerry. Le tappe sono comandate e rigorosamente presso ristoranti-pub-negozi di souvenir e mercatini “stranamente” isolati… Trovo comunque e ovunque i miei angolini in cui osservare fantastici panorami (il Dingle sull’altro lato del braccio di mare), i rapidi e spettacolari giochi di luci ed ombre, il tutto respirando il vento salso dell’Oceano in quanto la gita lo lambisce costantemente.
Per il resto, la mia voglia di immergermi in quei scenari selvaggi deve arrestarsi contro le ampie vetrate ermeticamente chiuse del torpedone. Pur in movimento, il finale di gita a tagliare il Kerry da sud a nord regala altri panorami sontuosi, fino all’ultima tappa del Lady’s View, una vista “ad occhi di uccello” su tre laghetti che sembrano protendersi in un unico specchio d’acqua fino a Killarney. Decido all’istante che l’indomani mi tufferò in tutta quella natura, lontana da strade e torpedoni.

