Thailandia. Evviva il paese del sorriso! (prima parte)

Thailandia. Evviva il paese del sorriso

La definizione di “paese del sorriso” non è affatto abusata. La definizione di “paese del sorriso” non è affatto abusata, anzi: la realtà supera ogni aspettativa. Salvo poche eccezioni, in Thailandia tutte le persone sono genuinamente desiderose di aiutarti a passare una bella vacanza.

La Thailandia è una buona meta per il fai da te. Semplificando molto, un viaggio in Thailandia può essere diviso in tre parti: Bangkok, il nord e le isole. Avendo più tempo, si può sicuramente programmare di spostarsi via terra, mare, fiume ma se si hanno le canoniche 2 settimane come me non c’è alternativa all’aereo. Ogni parte inizia e finisce a Bangkok, quindi si finisce per conoscere bene l’aeroporto. Io ho scelto di passare nella capitale gli ultimi tre giorni e dividere in parti uguali i rimanenti 10 tra nord e isole.

Atterrato a Bangkok, salgo subito sulla coincidenza per Chiang Mai, nel nord molto montuosa e verde della Thailandia, che negli anni ’70 faceva parte del famigerato Triangolo d’Oro, primo produttore mondiale di oppio, e che ancora oggi è strettamente controllato dall’esercito.

Chiang Mai, città moderna con alberghi lussuosi, banche, centri commerciali e caos, esattamente come Bangkok, ma molto più in piccolo, è il punto di partenza per esplorare questa regione.

Le escursioni possibili in giornata sono tante. In ordine sparso: le tribù delle Colline, tra cui le “donne giraffa” Karen dal collo lungo (tribù Padaung); il Wat Doi Suthep – il più famoso dei 300 templi di Chiang Mai e dell’intera Thailandia, sul monte Doi Pui; trekking a Mae Tang attraverso la giungla, visitando villaggi di etnia Akha; il Doi Inthanon National Park, che ospita le vette più alte di tutta la Thailandia e spettacolari specie floreali ed animali.

Indeciso per natura, ho finito per noleggiare un motorino e girato un po’ a caso i dintorni della città. Pezzo dopo pezzo, son riuscito a comporre un piccolo, ma gradevolissimo, puzzle personalizzato di tutte le escursioni suddette nel loro insieme.

In più, ho scoperto – numerosi – angoli non frequentati dal turismo come il Wat U Mong Thera Jan, un tempio affogato nella selva, dove ho trovato solo monaci immersi nella meditazione, e piccoli villaggi di montagna di etnia Hmong meno addomesticati dal turismo, e mi riferisco in particolare al villaggio delle donne Karen dal collo lungo dove le ragazze sembrano esattamente delle impiegate: tutto molto finto!

Riprendo l’aereo per Bangkok e poi la coincidenza per Phuket, isola tropicale nell’estremo sud della Thailandia. Splendida la vista dall’aereo su centinaia di atolli corallini. Vista la bella esperienza precedente, per prima cosa noleggio uno scooter, non prima di avere deciso di concedermi il massimo relax nel Boomerang Village Resort a Phuket, gestione italianissima.

Guidando da una spiaggia all’altra e verso l’interno, sono entrato nello stato di grazia del viaggio: sentivo dentro di me una sensazione molto simile al sogno, quello stato che sempre inseguo nei miei viaggi e non sempre raggiungo.

Osservando la gente comune dove vive, ovunque mi fermassi ero accolto con grandi sorrisi e un the, un frutto o un dolcetto comparivano come per incanto sotto l’ombra di un portico o di un albero… Strano come queste situazioni, belle e naturali insieme, le si vivano sempre e solo dove la gente campa col minimo indispensabile, forse anche meno. Anche a Phuket Town, dove si vedono pochi turisti, si respirano atmosfere orientali tra mercatini, templi buddisti e baretti frequentati solo dai locali in cui sono stato sempre ben accettato.

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