Viaggiare…

VIAGGIARE SCOZIA: DI LOCH IN LOCH

Partiamo con un certo timore legato al tempo. A casa, le temperature di inizio maggio sono ancora piuttosto rigide, ma chissà che il tempo non sia “strano” anche là. E sorridiamo quando atterriamo ad Edimburgo col sole, e un clima gradevolmente mite. Ritiriamo l’auto, noleggiata insieme al voucher del volo Ryan per approfittare di una promozione notevole. L’operazione ci porta via un po’ di tempo: non si capisce perché Hertz chieda il favore di fare il check in on line se poi al ritiro auto si deve fare la fila insieme a tutti gli altri… mah.. Cmq macchina ok, di segmento superiore di quella che avevamo prenotato online e nuova di pacca…

Primi batticuori con la guida a sinistra (di fatto, sbaglio le prime due svolte per uscire dall’area aeroportuale, e cincischio di nuovo alla successiva rotonda), poi la situazione si normalizza mentre procedo fuori dalla città.

Le Falkirk Wheels sembrano non arrivare mai, ma l’ampio parcheggio adiacente l’attrazione e la tranquillità mi giocano un brutto scherzo: eccedo in sicurezza e faccio un danno in parcheggio. Poco male, anzi male solo alla mia autostima, visto che avevamo stipulato una Casko. Le Falkirk Wheels sono una cosa strana da vedersi. Progettate e costruite per ripristinare un lungo canale di navigazione interno, sollevano (o abbassano) imbarcazioni per un dislivello di 45 metri come un normale montacarichi. La struttura pare essere una enorme scultura più che un gigantesco marchingegno.

L’aria frizzante e trasparente e gli scorci luminosissimi rendono gradevolissimo il trasferimento verso Stirling e la piana di Bunnock, luoghi resi immortali dalle gesta di “Braveharth” Wallace…

A Stirling ammiriamo più la chiesa ed i cimiteriali dintorni, così differenti dai nostri, che non il sensazionale Memoriale dedicato a Wallace che domina la piana sottostante. Ci passeremo accanto, ma per i nostri animi affamati di luoghi insoliti è però (quasi) niente in confronto al Dollar Castle, che domina una vallata. Bella anche la passeggiata attraverso i boschi per arrivarci…

Il Loch Leven è la nostra prima tappa notte. Contro ogni aspettativa, sono scarsi i B&B a Kinross e dintorni così dobbiamo tornare indietro all’unico B&B visto lungo la strada da Stirling. Visitiamo il (romantico?) loch tra sciami di zanzare che il vento inesistente non può disperdere, poi si va ad esplorare Glen Cova e Glen Isla lungo strade secondarie, molto belle, col Loch di Lintrathen, lago per la pesca, che è una vera ciliegina sulla torta, poi arriviamo fin sul Mare del Nord, uno infinito specchio blu. Numerose le spiagge di rena fine e dorata. Oltre a quella di Arbroath, esploriamo a piedi la baia di Lunan Bay proseguendo la passeggiata sopra la brughiera fino alle affascinanti rovine di Red Castle. Stonehaven fa mostra di numerosi B&B, tutti “no vacancy”. Usciamo dal paese e troviamo un alloggio davvero bello in piena campagna all’interno di Catterline.

Ci alziamo ancora una volta col sole e osserviamo gli animali che vengono all’abbeverata: coniglietti, fagiani, tortore più una decina di piccoli uccelli. Un corvo attende in disparte: la moltitudine lo spaventa? La visita al Dunnottar Castle, assolutamente soli, con l’accompagnamento dei rumori di mare e vento sarà uno dei più bei ricordi del viaggio. Saliamo un po’ di costa fino alla Forvie Natural Reserve, vicino Colliestone, con belle passeggiate, poi è già ora di tagliare il continente verso ovest ad incrociare lo Spey e la sua famosa vallata. Se la Scozia è un paese da scoprire mentre lo si visita, ciò porta via molto più tempo del previsto e l’itinerario originale andrà continuamente riadattato. Lo Spey è un largo torrente scuro e la sua vallata, oltre che bella, è un continuo alternarsi di distillerie di wiskey, alcune famosissime nel mondo. Niente soste, però: la nostra meta è Invernes, verso cui dirigiamo prima del previsto: dovere sempre guidare a sinistra è faticoso oltre ogni aspettativa.


Le strade scozzesi sono generalmente strette, con corsie larghe a malapena quanto un camion o un bus, ma senza banchine transitabili e le linee di arresto delle strade a incrociare sulla carreggiata. Serve sempre la massima attenzione, anche se alla fine basta guidare bene perché gli automobilisti scozzesi sono rispettosi degli altri come del codice stradale. Sembrano davvero superflui i numerosissimi autovelox.

Ci chiediamo come mai qui si vada tutti a sinistra… “Che sia legato a schieramenti e tattiche militari di cavalleria?” dice Mirella. Appoggio la sua tesi, visto che questa convenzione è stata adottata in tutti i paesi ex colonie britanniche indistintamente ben prima che fossero introdotti i veicoli a vapore. Infatti leggo da Yahoo Answer che “In generale tutto deriva dai cavalieri che tenevano l’arma con la destra e tenendo le carrozze il senso di marcia a sinistra, mantenevano comunque la mano destra libera per scambiarsi saluti o per usare la stessa arma.” La nostra guida a destra deriva invece da un decreto napoleonico. Fu Napoleone ad andare contro le consuetudini anglosassoni e cambiare il senso di marcia nel suo impero, in pratica più o meno in tutta Europa. Colgo l’occasione per dire che per la prima volta nella vita viaggio in compagnia della partner e, a parte i continui confronti costruttivi e i tanti momenti di reale condivisione, viaggiare in due significa anzitutto ritmi più lenti. Apprezzo assai la novità.

Inverness è carina, ma è il Loch Ness a sorprendermi. Come sempre, sono diffidente verso luoghi troppo famosi… La nostra camera s’affaccia sul loch un po’ agitato e color acciaio nel momento del tramonto, e poi di un blu che più blu non può essere sotto il bel sole del mattino che esalta i verdi e i gialli di copiose fioriture selvatiche, rendono la sosta molto speciale. E il loch lo visitiamo per benino, con una deviazione trekking nella vicina e isolatissima Glenn Affric, in località Cannich. Ci fermiamo abbastanza anche sulla punta meridionale del lago, a Fort Augustus, dove una serie di tre chiuse permettono alle imbarcazioni di salire di 25 metri fino al successivo livello del Loch Lochy, un pezzo del canale navigabile che va da Invernes (Mare del Nord) a Fort William (Oceano Atlantico)… Completiamo il periplo del Loch Ness sul più spettacolare lato orientale e transitiamo di nuovo a Inverness per attraversare il ponte sul Moray Firth, una insenatura/fiordo che è oggi parco marino protetto… Nessun avvistamento di cetacei, delfini del Moray in primis, ma l’osservazione della natura – si sa – richiede tempo e pazienza…

Sulla strada verso l’Oceano, prendiamo una serie di acquazzoni brevi: colpisce come si possano distinguere le gocce d’acqua una per una, grazie ad una luce che esiste solo in alta Europa. Tra uno scroscio e l’altro facciamo il nostro ingresso nelle Highlands. E’ un trionfo di colori, in cui troneggiano il giallo dei fiori, il verde dei campi e l’azzurro intenso del cielo. Il successivo ingresso in una area torbiera è stupefacente. Ullapool è piccola e molto carina, ma sempre animata per il semplice fatto che è un passaggio obbligato sulla costa e il maggior porto della regione. Due locali si disputano la clientela a suon di ottimi e abbondanti piatti di pesce e di carne.

A nord di Ullapool inizia una zona di grande interesse geo-tettonico/minerario, ma ci accontentiamo solo di vedere e non toccare per raggiungere il punto più settentrionale del viaggio e per poi ridiscendere la costa verso sud. La “discesa” si dipana lungo uno spettacolare stradello (realmente) a una carreggiata che sfiora angoli da fiaba vichinga. Ripassata Ullapool, la costa, spesso elevata e frastagliata da innumerevoli fiordi che penetrano per decine di chilometri nel continente formando altrettanti loch, alcuni spettacolari come il Maree e il Torridon, richiede numerose soste di ammirazione. Siamo nel Wester Ross, forse i più bei paesaggi di Scozia. Con l’emozionante stradello raggiungiamo l’isolata e struggente Applecross, “emozionante” a causa delle fitte nuvole basse che celano panorami (fantastici?) e fomentano assai l’ansia mentre saliamo e scendiamo per due volte il passo a 280 metri… Molto carino il paese di villeggiatura di Plockton a sud del quale faremo il nostro ingresso all’isola di Skye. I nuvoloni bassi continuano a celare le meraviglie più alte di questa isola, i monti Cuillin e le formazioni dell’Old Man of Storr che raggiungiamo in una densa nebbia che pare un bagno turco. Non vediamo letteralmente al di là del nostro naso, ma la passeggiata è lo stesso molto suggestiva.    

Il giorno seguente abbandoniamo Skye in traghetto per Mallaig (la strada per arrivare a Fort Williams e al Ben Nevis sarebbe stata altrimenti lunghetta) e ci lustriamo gli occhi nel percorrere la A380… Dapprima baie di mare verde intenso coronate da spiagge candide, poi vallate simil alpine e infine il monte più alto di Gran Bretannia ad osservare il nostro avvicinamento da lontano… Un peccato non risalirlo a piedi, una escursione impegnativa ma alla portata di tutti di circa 8 ore, ma la nostra tappa è Glen Coe, che raggiungiamo quasi fuori tempo massimo per la cena. Ah, è da sapersi che le cucine chiudono ovunque alle 19, max 19.30 (13.00 per pranzo) e che fuori da questo orario si serve solo birra.

Cominciamo la giornata seguente con un piccolo trek, poi deleghiamo all’auto il cammino a risalire la sua lunga e brulla vallata di Glen Coe dominata da diverse cime tondeggianti, che la guida definisce drammaticamente isolata, ma che il sole tornato a splendere non aiuta proprio ad immaginare tale. Le statistiche dicono che per le escursioni alle basse vette che dominano questa valle, diverse persone perdono la vita ogni inverno… Fatto il passo, il cambio panorama è notevole e si aprono scorci di campagna “all’inglese”: verde, perfetta, ordinata, ricca di siepi, pascoli e alberi. Romanticissimo il Lake of Mentheith, che contempliamo a lungo dall’adiacente camposanto, per nulla timorosi… Troppo bello!

Il nuovo itinerario prevede la nottata a Glasgow dopo una tappa sostanziosa a Loch Lomond, ma col senno di poi sarebbe stato meglio pernottare sul loch – anche se è turisticissimo, molto “Lago di Garda” con piccole spiagge di ghiaia che ospitano migliaia di scozzesi in gita domenicale – perché già a 20 km dalla seconda città di Scozia svaniscono nel nulla i cartelli B&B che ci hanno accompagnato fino ad ora. Senza internet dietro, trovare un pernottamento a prezzo decente si rivela un’impresa… ma chiedi e richiedi ce la faremo in quel di Coatbridge, sulla strada per Edimburgo.

Dopo un’ultima bella tappa in auto a New Lanark, un villaggio operaio costruito nel 800 con concezioni che sono ancora oggi possono essere considerate all’avanguardia, consegniamo l’auto e rientriamo un po’ mesti e un po’ entusiasti nel mondo a misura di piede. Della città di Edimburgo è già stato scritto di tutto e di più. Sicuramente spettacolare l’insediamento, e la città – a misura d’uomo a differenza della caotica e più popolosa Glasgow – è accogliente e invitante con centinaia di locali e localini. Gratuiti quasi tutti i musei, accanto ad attrazioni sicuramente pacchiane che fondano il loro esistere unicamente sulle leggende (metropolitane) scozzesi, dai fantasmi dispettosi ai tour del terrore.

Passeggiamo fino a sfiancarci lungo il “miglio reale” che va dal palazzo della regina al castello, e per una volta tanto senza il temuto coprifuoco delle 19.30 ci attardiamo per vedere il tramonto su Calton Hill in compagnia di decine di altri ragazzi, chi con la scorta di birra, e chi con i BBQ usa e getta, che qui vendono in ogni supermercato… La vista spazia a 360 gradi dalla fortezza alla residenza reale, dall’Holyrood Park al parlamento, dalla baia ai sobborghi lontani su cui sta tramontando il sole. In effetti, quel che alla fine mi delude un po’ della città è il clima da business turistico come si riscontra dalla minore cortesia, ma la città piace sicuramente a chiunque… Io spezzo la mia lancia in favore del vecchio quartiere di Dean, a nord est della fortezza e a cavallo del fiume Leith.

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