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Recensione Il Giardino sospeso, di Patrick White

Autore: Patrick White. Editore: Bompiani. Anno edizione: 2014. Pagine: 185 Genere: Narrativa

UN LIBRO STRANO… MA BELLO!

Acquistato perché ambientato in Australia, di un autore australiano premio Nobel per la letteratura, è risultato uno dei libri più “strani” che abbia mai letto. A mio avviso, checché ne dica il curatore dell’edizione italiana del libro M. Fortunato, questo romanzo pubblicato postumo (scritto nel 1980, autore morto nel 1990, pubblicato dopo molte traversie solo nel 2012, in Italia nel 2014) è con molte evidenze incompleto. Non solo manca una seconda parte, ma secondo me anche diverse pagine che avrebbero dovuto collegare varie fasi temporali del romanzo. Forse l’autore aveva in mente di aggiungerle in seguito, poi si è interessato ad altro e quel manoscritto rimase così, ma nessuno può dire che la novella è completa. Probabilmente si è pensato solo all’operazione commerciale, e solo l’editor che ne ha ereditato il manoscritto conosce la verità.

Detto questo, dopo un inizio un po’ complicato per capire chi è cosa, l’autore ha uno stile che ti prende e ti porta in un altro tempo e in un altro luogo, tra personaggi e luoghi che sembrano dipinti tanto sono ben delineati nelle sue parole.

I protagonisti principali della storia sono Gilbert e Eirene, lui inglese e lei anche, ma di madre greca, entrambi orfani in fuga dall’Europa devastata dalla seconda guerra mondiale, due rifugiati allo sbando sullo sfondo di un’Australia a loro sconosciuta. Sono argomenti molto attuali, purtroppo… Costretti a lottare per superare le ostilità di nuovi compagni e nuovi ambienti sociali in cui devono forzatamente vivere,  troveranno l’una nell’altro quel po’ di appoggio, di contatto, di sentimento grazie a cui sopravvivere ad anni molto duri.

Quel che manca lo trovano nella natura del rigoglioso giardino di fronte a casa, sospeso sulla scogliera, con affaccio sull’oceano, una natura che è allo stesso tempo madre e rifugio da tutto, sospesa anche perché consente loro di allontanarsi spesso dalla cruda realtà per vivere in un limbo conosciuto solo a loro.

L’Australia è descritta nel suo splendore paesaggistico, terra sconosciuta e un po’ misteriosa, talvolta ostile,

Se scrivere è un’arte, Patrick White è un artista sublime che utilizza con maestria parole e punteggiature del tutto nuove creando un suono che è lo stesso dei luoghi e delle persone che descrive, cambia frequentemente il punto di vista della narrazione che, una volta capita e interiorizzata, risulta assai forte, espressiva, coinvolgente. Un bel libro davvero, nonostante sia incompleto.

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